La codificazione spazio-temporale
dell’informazione olfattiva

A differenza di quanto avviene per il tatto, la vista e l’udito, le aree corticali dell’olfatto, ma anche quelle del gusto, non sono organizzate topograficamente in relazione con la disposizione dei recettori. Inoltre si verifica un paradosso apparente dovuto al fatto che le singole cellule recettoriali rispondono ugualmente a stimoli di sostanze chimiche diverse.

Perciò il bulbo olfattivo e i centri ad esso collegati devono interpretare come odori diversi anche segnali provenienti dalle stesse zone dell’epitelio olfattivo. Tuttavia il nostro cervello ci consente di distinguere nettamente fra una sostanza e l’altra.

Studiando l’attività delle cellule recettoriali olfattive e delle cellule glomerulari si è osservato che l’esposizione ad una sostanza odorosa attiva contemporaneamente aree particolari e che aumentando la concentrazione della sostanza vengono attivate altre aree in una sequenza che è sempre la stessa, come se si reclutassero gruppi di cellule a soglia di attivazione sempre più elevata.

Sembra quindi che siano proprio questi profili geografici variabili di attività distribuita a caratterizzare uno stimolo specifico con un codice spaziale e a fornire le informazioni per il riconoscimento degli odori.

E’ stato inoltre osservato che, durante l’esposizione ad una data sostanza odorifera, la conformazione della mappa di attivazione corrispondente può variare nel tempo. In questa maniera viene fornito anche un codice temporale che contribuisce al meccanismo di codificazione.

Le mappe neurali olfattive sono estremamente complesse e varie, se confrontate con altre mappe sensoriali, tuttavia proprio questa variabilità esprime uno degli adattamenti evolutivi di questo organo di senso.

Non potendo sviluppare un potere discriminativo nel determinare la direzionalità di un odore, l’olfatto si è evoluto in modo tale da riuscire a distinguere tra l’enorme numero di sostanze chimiche tra le quali viviamo e che ci entrano nella testa.

Questa capacità è stata poi utilizzata per controllare e influenzare funzioni vitali delle quali non abbiamo c