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Il flagello di Timbuktu

Non riesco a capire perché ci sono tante organizzazioni del mondo intero che hanno un centro a Timbuktu per aiutare le persone bisognose.
Nonostante questo, questa piccola città che mi sembra essere una delle più assistite al mondo è di una povertà estrema, almeno così sembra vedendo lo stato delle cose e sentendo le persone che parlano della situazione.
Non è sempre stato così, 35 anni fa’, un vento di sabbia e una siccità di dimensiona biblica hanno cambiato il volto della regione e cambiato la vita degli abitanti, un vento di sabbia rossa si è levato, era talmente forte che sradicava gli alberi e sollevava le macchine. Non si vedeva a due metri di distanza. Ha soffiato per una settimana e ha smesso per due giorni, poi ha ricominciato a soffiare per una settimana poi ha smesso di nuovo per due giorni e tutti hanno pensato che era finito, ma ha ricominciato per una terza volta a soffiare per una settimana.
Tutti gli animali sono morti e nel deserto molte persone sono morte di fame e di sete.
Quando finalmente il vento si è calmato la gente ha sentito il boato dei tuoni ed è arrivata una pioggia diluviale con la grandine che durò un’ora. Gli abitanti pensavano fosse arrivato il giorno del giudizio.
Quando finì, la grandine era uno strato sulle strade e la gente stupita la raccoglieva, per loro questa era una cosa completamente nuova.
La pioggia fece cadere molte case perché non erano costruite per resistere ad una pioggia cosi forte.

E’ stato un vero flagello, le persone mangiavano la pelle cotta degli animali morti per non morire di fame. 
Prima della catastrofe il fiume arrivava fino alla città per un grande canale naturale, gli ortaggi e la frutta erano coltivati in abbondanza, la pesca era fiorente e gli animali domestici pascolavano tra gli alberi e le erbe alte.

Da allora Timbuktu non è più la città dei giardini verdi, è una città di vento e di sabbia piantata in mezzo al deserto. Dove trovare il denaro e il cibo per sopravvivere è la preoccupazione quotidiana.

 

 

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